sabato 22 agosto 2009

La superiorità dell'autoctono

In questo post esponiamo, nel modo più semplice possibile, alcuni aspetti tecnici che dimostrano la superiorità del prodotto autoctono rispetto agli "internazionali", fermo restando che la nostra contrarietà sull'utilizzo di varietà internazionali per la produzione del Cirò DOC è legata prima di tutto a motivi culturali ed identitari .

Prendiamo spunto dai dati pubblicati nei bollettini agrometeorologici curati dall' ARSSA e diamo subito uno sguardo alla media 2003-2008 deii parametri meteorologici rilevati dall'ARSSA:

In questo grafico si evidenzia che, in provincia di Crotone, il periodo Luglio-Agosto sia quello più caldo dell'anno, con temperature massime superiori ai 30° C e quelle minime sopra i 20° C.

Ebbene, questo periodo coincide con la fase di piena maturazione delle varietà internazionali, e le alte temperature a cui sono sottoposte le uve pregiudicano sia gli aromi, sia i valori di acidità e di pH, oltre che la qualità dei polifenoli (antociani e tannini).

Il Gaglioppo, di contro, ha una maturazione lenta (si raccoglie nella prima-seconda settimana di Ottobre) quando le temperature massime scendono sotto i 30° C e le minime sono al di sotto dei 20°, condizioni che preservano aromi e acidi.

Tutto questo è confermato dai campionamenti settimanali dell'ARSSA, che valutano i livelli di maturazione delle cultivar di vite diffuse nella provincia di Crotone.


Facendo il confronto tra il Gaglioppo (o il Magliocco) e il Cabernet Sauvignon, si nota che a valori comparabili di zuccheri, si contrappongono valori di acidità totale e di pH decisamente sfavorevoli per il Cabernet Sauvignon, che potranno solo peggiorare con il procedere della maturazione.

In definitiva, in questa breve disamina tecnica viene fuori che "autoctono" non è una categoria dell'anima, ma è frutto dell'adattamento alle condizioni pedoclimatiche che alcune varietà di vite hanno condotto nei millenni, dando luogo a prodotti che tecnicamente non hanno bisogno di ulteriori interventi.

Sfatiamo dunque il mito, tanto caro ad una "moderna" enologia, che tutto si possa fare dappertutto con la stessa qualità.

Finiamola di definire "migliorativi" vitigni che sono grandissimi nella loro terra d'origine, ma assolutamente mediocri in altri contesti.

sabato 25 luglio 2009

Comunicato stampa

Siamo giunti al momento dei bilanci. Il 31 Luglio scade il termine di presentazione per le modifiche ai disciplinari dei vini DOC e a tutt'oggi non è dato sapere se è stata presentata o è in via di presentazione la modifica di disciplinare del Cirò DOC.

Innanzitutto ringraziamo tutti i firmatari della petizione, le istituzioni che hanno condiviso e portato avanti la nostra battaglia, il popolo di internet che su Facebook, blog e altri canali hanno diffuso la petizione, i blogger che attraverso i loro post ci hanno sostenuto e hanno confermato che la nostra iniziativa ha delle fondate ragioni e non una sterile polemica provinciale e personale.

Fin dalla lettera iniziale (che invitiamo a ri-leggere) allegata alla petizione, non ci siamo detti contrari ad una modifica ma abbiamo escluso l'utilizzo di varietà non Calabresi, ponendo tre questioni fondamentali: culturali, tecniche e di democrazia e trasparenza.

Questa impostazione è stata condivisa da moltissimi amici ed estimatori del Cirò (un migliaio di adesioni sotto varie forme), che rispecchia il largo rifiuto sul territorio cirotano a modificare il disciplinare nelle forme proposte dal Consorzio di Tutela del Cirò.

Tra i viticoltori la contrarietà è quasi unanime, infatti:

La principale cooperativa di viticoltori (CA.VI.C) è contraria.

L'associazione “Vignaioli del Cirò”, presieduta da Francesco Porti, è contraria.

L'associazione di viticoltori “Domenico Ferraro”, presieduta da Franco Librandi, è contraria.

Tra le Cantine:

L'Azienda Librandi (che non fa parte del Consorzio) rappresenta quasi il 50% del DOC Cirò ed è contraria.

Aziende come le Cantine Riunite del Cirò e Melissa, Tenuta del Conte, Facente e altre piccole realtà come Colli Capoano, Vigna De Franco, Crapisto sono contrarie.

Inoltre siamo a conoscenza di altre aziende che, pur essendo contrarie, hanno evitato di esporsi.

I Sindaci dei 4 comuni (Cirò, Cirò Marina, Melissa e Crucoli) hanno dichiarato la loro contrarietà.

Lo stesso Consorzio di Tutela nel comunicato stampa del 2 Luglio '09 a proposito delle varietà internazionali afferma:

[...] vitigni, Merlot e Cabernet, poco diffusi nel territorio, poco amati dai contadini, e francamente poco probabili in una scelta di uvaggio in un momento in cui tutti tendiamo a scegliere vuoi per qualità e unicità, vuoi per moda, i vitigni autoctoni”

Quindi dopo queste considerazioni ci chiediamo: come mai tanta ostinazione nel continuare a considerare le varietà non calabresi? Come mai il Consorzio, coerentemente con quanto scrive, non aggiunge nella proposta di modifica una semplice frase: “ad esclusione di...(indicando le varietà escluse)”?

Noi una risposta ce la siamo data e non è una pura fantasia, ma ormai di dominio pubblico tanto da essere pubblicata (e mai smentita) da “il Crotonese” del 22 Maggio a pag. 23 dove si afferma:

[...] il fine ultimo è quello di legalizzare la frequente vinificazione di uve prodotte da vitigni diversi dal Gaglioppo e Greco bianco, dando concreta attuazione ai principi di legalità, trasparenza e tracciabilità”

Concetto ribadito sempre su “il Crotonese” del 30 Giugno. Siamo di fronte, in definitiva, ad una sanatoria di evidenti condizioni di illegalità.

Allora la domanda è: cosa hanno fatto sinora gli organi preposti al controllo? Hanno controllato? Con quali risultati? (ricordiamo che il Consorzio di Tutela del Cirò è autorizzato al controllo “erga omnes” cioè verso tutti, associati e non associati).

Pertanto facciamo appello al Consorzio di Tutela perché fermi tutte le procedure in corso per le modifiche al disciplinare e apra un dialogo con tutti i soggetti coinvolti, per arrivare ad una soluzione condivisa.

Nello stesso tempo invitiamo il Consorzio a farsi carico dei suoi compiti istituzionali di tutela del vino Cirò DOC e del rispetto della legalità e, se esistono situazioni anomale, attivare attraverso gli organi preposti le procedure per il declassamento dei vigneti o per imporre un reinnesto sui vigneti illegali.

Non vorremmo che per il Cirò si possa ripetere un caso Brunello, dove per riportare la legalità è intervenuta la magistratura. Non vorremmo questo perché sarebbe un grave danno all'immagine di tutto il Cirò e all'economia di tutto il territorio che si ritroverebbe a pagare la furbizia di pochi. Se dovesse succedere questo, è giusto, allora, che ognuno si assuma le proprie responsabilità.

Oltre agli aspetti legati alle modifiche del disciplinare del Cirò, volevamo evidenziare la mancanza di trasparenza che ha caratterizzato il contesto in cui si è svolta tutta questa vicenda. Anche questa non è una nostra opinione, ma la triste constatazione dei fatti accaduti.

Infatti a tutt'oggi non esiste una proposta di modifica del disciplinare consultabile presso la sede del Consorzio, ci basiamo (associati e non) su comunicati stampa, su copie distribuite e poi modificate, sui “si dice”, “sembra che..”.

Emblematica è la vicenda che ha riguardato la ricerca scientifica che dovrebbe supportare le modifiche: nessuno ha mai avuto modo di leggerla; in una lettera al Sindaco di Cirò Marina e su “il Crotonese” del 22 Maggio si afferma che al Consorzio sono pervenuti gli ottimi consigli da illustri docenti universitari quali Fregoni, Calò, Bernabei, Scienza, Savino[...]”. Peccato che il Prof. Fregoni e il Prof. Scienza smentiscano ufficialmente e diffidino il Consorzio nell'utilizzo del loro nome per scelte non condivise. Bella figura per il popolo cirotano!

Stesse dinamiche per quanto riguarda l'approvazione delle modifiche: sulla stampa si scrive che è stato approvato in sede di Assemblea dei soci del Consorzio, ma ci sono decine di testimoni che possono affermare in tutte le sedi che l'Assemblea del 26 Giugno 2009 si è sciolta senza alcuna votazione. Quindi: chi ha votato? cosa è stato votato? quando? in che sede? Attendiamo risposte.

In quella sede, inoltre, non si è giunti ad una votazione sulle modifiche al disciplinare, perché oltre al dissenso sulle varietà da utilizzare (art. 2), alcune aziende erano contrarie all'imbottigliamento obbligatorio in zona (art. 5); Ora dalle ultime voci sembra che si sia barattato l'art. 5 (l'imbottigliamento fuori zona) con l'approvazione delle altre modifiche.

Una operazione, se è vera, di bassissimo livello che smentisce quanto affermato dal Consorzio nel comunicato stampa a proposito dell'art. 5:

[...] limitare l'imbottigliamento alle zone di produzione non significa porre dei limiti al libero mercato bensì evitare speculazioni commerciali sul nome del Cirò, nonché garantire al consumatore finale una più probabile autenticità del vinoi in bottiglia”

Queste vicende ci danno la misura di una classe imprenditoriale che singolarmente è capace di buoni risultati, ma nel suo complesso non riesce a progettare strategicamente il futuro del prodotto Cirò.

Così, di fronte alla scelta tra produrre un prodotto di nicchia qual'è il Cirò (circa 40.000 hL, quantità che potrebbe essere stivata in una sola cantina del Veneto, del Piemonte, della Sicilia o della Toscana) o un prodotto industriale, si sceglie la seconda perché bisogna assecondare il mercato.

Per semplificare: tra il modello Brunello e il modello Tavernello scegliamo il Tavernello perché è il vino più venduto!

giovedì 16 luglio 2009

Svolta l'Assemblea pubblica


(nelle foto: i Sindaci e l'On.Oliverio, il Prof. Nicodemo Librandi, Giuseppe Marino)

Si è svolta venerdì 10 Luglio, presso il Centro servizi del Comune di Cirò, un'assemblea pubblica per discutere delle proposte di modifiche del disciplinare di produzione del Cirò DOC.


All'assemblea, molto partecipata , erano presenti i Sindaci di Cirò Mario Caruso, di Cirò Marina Nicodemo Parrilla, di Crucoli Antonio Sicilia, di Melissa Gino Murgi e l'On. Nicodemo Oliverio.

Tutti concordi che il processo del cambio del disciplinare del "Cirò" iniziato unilateralmente dal Consorzio di Tutela dei Vini DOC Cirò e Melissa, deve essere bloccato e ridiscusso.

Alla discussione ha partecipato anche il prof. Nicodemo Librandi, il quale ha motivato con un lungo intervento l'adesione all'iniziativa di Giuseppe Marino.

giovedì 9 luglio 2009

Assemblea pubblica

I sindaci del comprensorio del Cirò (Cirò, Cirò Marina, Crucoli) indicono un'assemblea pubblica per discutere delle proposte di modifiche del disciplinare di produzione del Cirò DOC.

L'assemblea si terrà domani Venerdì 10 Luglio alle ore 18,00 presso il Centro servizi del Comune di Cirò (qui la mappa)

Sicuramente questo è il risultato della pressione mediatica e della discussione che si è aperta successivamente al nostro appello "In difesa dell'identità del vino Cirò".

Per questo ringraziamo tutti i firmatari della petizione , gli iscritti al gruppo di Facebook, tutti i blogger che hanno riportato la notizia (vedi la rassegna web e la lista dei siti che linkano la petizione), perchè grazie al loro supporto siamo riusciti a sensibilizzare un'ambiente apatico, che stava per accettare con rassegnazione le modifiche proposte.

Il nostro auspicio è che le decisioni vengano prese sulla base di una progettualità che pensi al futuro, attraverso un'attenta valutazione di analisi di mercato, di ricerche scientifiche e salvaguardando le peculiarità culturali ed identitarie che sono parte integrante del prodotto vino.

venerdì 3 luglio 2009

Civò è più chic di Cirò

L'eco della discussione sul futuro del Cirò DOC arriva in America. La notizia è ripresa dal blog On the Wine Trail in Italy redatto da Alfonso Cevola, figlio di calabresi emigrati.
Che un americano parli del vino prodotto nella regione di origine dei suoi genitori, evidenzia quanto forte e simbolico sia il legame del vino con la Terra e la cultura del territorio.
Attraverso il vino raccontiamo le nostre origini, la nostra cultura, la nostra identità, anche (e soprattutto) se siamo lontani da questa Terra, nello spazio e nel tempo. A migliaia di Km da Cirò il nostro vino parla di noi.
Oggi, però, alcuni vogliono che parli con la erre moscia, alla francese, perche Civò è più chic di Cirò.

Luciano Pignataro commenta il comunicato stampa del Consorzio

Riportiamo il commento di Luciano Pignataro al comunicato stampa del Consorzio pubblicato su www.lucianopignataro.it
"Condividiamo il ragionamento del presidente Cianciaruso e lo sottoscriveremmo in pieno solo se ad esso si aggiunge una postilla, condivisa del resto anche da coloro che hanno lanciato l'appello: discutiamo pure delle modifiche, a patto che sia esclusa esplicitamente la possibilità di inserire nel Cirò qualsiasi vitigno internazionale (l.p.)".



giovedì 2 luglio 2009

Comunicato stampa Consorzio di tutela del Cirò

Di seguito pubblichiamo il comunicato stampa del consorzio di tutela dei vini Cirò e Melissa inviato alla nostra mail difesavinociro@gmail.com
Per il momento ci asteniamo da commenti che potrebbero essere male interpretati. In un precedente post abbiamo già scritto "..che la nostra petizione pone problematiche tecniche, culturali ed identitarie, fuori da ogni polemica paesana. Non siamo contro qualcuno, esprimiamo il nostro punto di vista che al momento risulta largamente condiviso".


Modifiche al disciplinare della D.O.C. Cirò

FACCIAMO UN PO’ DI CHIAREZZA

Il Consorzio di Tutela dei Vini DOC Cirò e Melissa, costituito dalla maggioranza degli attori dell’intera filiera vitivinicola del Cirò e Melissa, dopo 40 anni dall’approvazione del disciplinare di produzione (Dpr 2 aprile 1969 con modifica solo sulle tipologie del Dpr 25 settembre 1989) ha ritenuto opportuno e doveroso proporre delle variazioni al fine di difendere la territorialità, migliorare la qualità, tutelare il consumatore e rafforzare l’immagine del vino più famoso di Calabria, patrimonio dell’intera comunità.

Tali proposte sono purtroppo interpretate male e strumentalizzate da chi del Cirò sa ben poco o, ancor più grave, da chi del Cirò se ne vergogna, scatenando una guerra mediatica che porta solo ad un ulteriore impoverimento dell’intero territorio.

Dei 9 articoli che compongono l’attuale disciplinare, le variazioni proposte toccano 5 articoli, nella fattispecie gli art. 2, art. 4, art. 5, art. 7, art. 8. Oggetto di tanto clamore è la modifica proposta all’art. 2. Nessun accenno, di consenso o dissenso è stato riscontrato in merito alla modifica di altri due articoli (art. 4 e art. 5) che riteniamo fondamentali per il miglioramento qualitativo e soprattutto per la tutela di quell’identità che molti invocano, senza essere a conoscenza delle reali problematiche agricole, di territorio e di mercato che minacciano seriamente l’intera filiera, viticultori in primis.

Iniziamo con l’art. 4, rimandando solo in ultimo l’art. 2.

L’ art. 4 prevede una riduzione della resa massima per ettaro con obbligo di diradamento in caso di eccessiva produzione. Una minor produzione per ettaro, a parità di densità di piante, è uno strumento di miglioramento della qualità delle uve e quindi del vino.

L’art. 5 prevede che l’imbottigliamento dei vini Cirò rosso, rosato e bianco debba essere effettuato all'interno delle zone di produzione. Ad oggi, è possibile trovare sugli scaffali dei vini Cirò imbottigliati in altre regioni d’Italia o addirittura all’estero, con marchi di fantasia a prezzi a dir poco offensivi per il nostro territorio e tutto il lavoro che sta dietro una bottiglia di Cirò. Limitare l’imbottigliamento alla zona di produzione non significa porre dei limiti al libero mercato bensì evitare pure speculazioni commerciali sul nome del Cirò, nonché garantire al consumatore finale una più probabile autenticità del vino in bottiglia.

L’art. 7 introduce nel disciplinare il logo del Consorzio (secondi in Italia dopo il Chianti classico) che dovrà essere obbligatoriamente apposto sulle fascette identificative sul collo della bottiglia, a riconoscimento dell’avvenuto controllo del Consorzio ed a maggior tutela del consumatore finale.

Le modifiche agli altri articoli sono conseguenza delle modifiche di cui sopra, dell’art. 2, nonché dell’adeguamento alle norme comunitarie che regolamentano la materia.


Arriviamo al tanto discusso art. 2.

Attualmente il disciplinare prevede che il Cirò rosso e rosato siano composti per almeno un 95% da uve Gaglioppo e per un restante 5% da uve Greco bianco e/o Trebbiano toscano.

Fino a pochi giorni fa, nessuno aveva mai contestato il disciplinare di produzione perché prevede un 5% di Greco bianco, che non può che peggiorare la qualità visiva del vino aggiungendo del vino bianco ad un vitigno per sua natura scarico di colore, e di Trebbiano toscano, che oltre a presentare le stesse problematiche, di autoctono non ha veramente nulla. Tant’è che fino a prova contraria tutte le aziende dichiarano di produrre i propri vini Cirò rosso DOC con il solo Gaglioppo.

E questo sempre per mantener fede ad un disciplinare datato 1969, in cui per una moda di mercato che voleva vini da monovitigno e per una maggiore produttività in vigna, si è privilegiato il solo Gaglioppo sebbene i vigneti del cirotano fossero caratterizzati in parte da tanti altri vitigni a bacca rossa. Dal libro “Descrizione ed istorica narrazione dell’origine e vicende politico-economiche di Cirò” di Giovan Francesco Pugliese del 1849, vol 1°, pagg. 58-62 si evince come in quegli anni il vigneto cirotano fosse composto da 10 “razze bianche da mosto” e da 10 “razze nere da mosto… sparse in confuso per tutto il vigneto”. E ne fa un elenco: “Gaglioppo di 3 specie per la diversa grossezza, Gaglioppo a testicoletto, Piede longa (Olivella), Infarinata, Lagrima, Tenerella, Sanseverina (Colorino), Canino, forse la migliore per mosto, Lagrima a testicoletto, che anche si mangia, Norella o Tintiglia (Alicante n.d.a.)”. E ne cita altrettante a bacca bianca e oltre 20 “razze da mangiare”. Pugliese scriveva ancora “Diffuse le vigne da perdove si pensò da’ Cirotani di sostenersi alla concorrenza accrescendone la quantità, e perciò si moltiplicarono le uve troppo acquose, nere, e bianche mischiate, e si scemò il prezzo derivante dalla qualità. In commercio si desiderava vino colorito brillante, rosso cupo e spiritoso…”. Dunque le esigenze di mercato ritenute da qualcuno moderne e quindi non da assecondare, sono datate 1849.

Arriviamo alla modifica. È previsto un allargamento facoltativo, e sottolineiamo facoltativo, della base ampelografica dei vini Cirò rosso, rosato e bianco ad altri vitigni autorizzati e raccomandati per la regione Calabria per un massimo del 20%. Le uve dovranno pervenire esclusivamente da vigneti situati nell’area della doc e non da fuori regione come qualcuno in mala fede afferma. Ciò significa che una vigna del Cirò potrà, e solo se il viticultore vorrà, essere composta da minimo un 80% Gaglioppo e massimo un 20% di altri vitigni consentiti. Allargare la varietà dei vitigni a quelli raccomandati dalla regione Calabria non significa aprire le porte agli internazionali, bensì ad altri vitigni autoctoni (a bacca nera: Calabrese, Castiglione, Greco nero, Magliocco canino, Marsigliana nera, Nerello cappuccio, Nerello mascalese, Nocera, Prunesta e altri; a bacca bianca: Guardavalle, Guarnaccia, Incrocio Manzoni 6.0.13, Malvasia bianca, Montonico bianco, Moscato bianco, Pecorello e altri) già iscritti nel Registro Nazionale delle Varietà di Vite, e a tutti quei vitigni (Infarinata, Pedilongo ecc.) che verranno catalogati in seguito alle ricerche finanziate dalla regione Calabria svolte dall’azienda Librandi. Solo e soltanto se catalogati e autorizzati possono essere inclusi nella base del Cirò. È evidente, come questa proposta di variazione sia solo frutto di una più attenta analisi del passato ed un progetto di ripristino della base ampelografica che ha caratterizzato i vigneti del Cirò per 2 millenni, modifica che auspichiamo possa essere la carta vincente per conquistare nuovi mercati. Allora ci chiediamo se su una lista di oltre 30 vitigni, bisogna paralizzare un siffatto progetto di miglioramento qualitativo per l’introduzione di soli 2 vitigni, Merlot e Cabernet, poco diffusi nel territorio, poco amati dai contadini, e francamente poco probabili in una scelta di uvaggio in un momento in cui tutti tendiamo a scegliere vuoi per qualità e unicità, vuoi per moda, i vitigni autoctoni? Il Nobile di Montepulciano, l’Aglianico del Taburno, il Montepulciano d’Abruzzo, il Cannonau di Sardegna, il Taurasi, il Picolit, e l’elenco sarebbe molto lungo, consentono queste introduzioni, senza pregiudicarne la territorialità.

E perché il 20%? E non il 30%? O il 5%? Ironizzando rispondiamo, perché allora non tutto il cucuzzaro? Anche questa ci sembra una sterile polemica funzionale al non fare!

Lontano dalle nostre parole l’ingiuria e le polemiche, questa contestazione ci sembra solo una scusa per mettere il bastone tra le ruote all’operato del Consorzio ed al suo presidente. E siamo pronti a sfidare chiunque a giudicare un vino “non territoriale”, o ancora peggio “omologato e standardizzato” ad altri vini, un vino che abbia almeno l’80% di Gaglioppo, vitigno tipico cirotano, unico nel panorama internazionale e solo qui coltivato. Chi sostiene questo, vuol dire che non conosce sufficientemente il nostro vitigno e le sue peculiarità organolettiche.

Se poi non modificare il disciplinare per preservare l’identità secondo l’accezione di talune aziende, significherebbe continuare a proporre vino Cirò anche al di sotto dei 2 Euro o ancor peggio vedere la propria riserva di punta proposta sugli scaffali intorno ai 6 Euro, iva e ricarico inclusi, e magari proporre vini IGT a prezzi decisamente più alti, frutto di ingenti investimenti fuori dalla tanto amata e salvaguardata zona DOC, beh, allora noi non ci stiamo.

Così come non sottostiamo al furbo di turno con un pelo sullo stomaco più radicato degli altri che, raggirando il disciplinare, propone sul mercato vini inevitabilmente giudicati moderni, buoni, di qualità e soprattutto apprezzati da tutte quelle persone che bevono il vino per la propria bontà, per la propria bevibilità a prescindere dai disciplinari e dalle belle parole di qualche filosofo del vino che raramente ha messo un piede in vigna e mai ha venduto una bottiglia di vino, da tutte quelle persone che non hanno l’opportunità di bere il vino insieme al produttore con le sue spiegazioni sulle caratteristiche del vitigno motivando eventuali pregi o difetti, e da tutti quelli che bevono Cirò ignorando che sia fatto da solo Gaglioppo, ma solo perché sono state in Calabria, perché è una delle DOC più storiche d’Italia, più famose del Sud, magari anche perché prodotta e commercializzata da un gruppo di aziende storiche e neonate che hanno deciso di consorziarsi e che vivono quotidianamente le problematiche della DOC, del territorio, del mercato, di far quadrare i propri bilanci, di garantire i posti di lavoro a centinaia di persone e che hanno a cuore il futuro del Cirò più di chiunque altro, perché prima di voler del male al Cirò dovrebbero voler del male a se stessi!

Consorzio di Tutela Vini Cirò e Melissa D.O.C.

martedì 30 giugno 2009

Cirò Giallo DOC





Fino a ieri sera il colore più conosciuto del Cirò DOC era Rosso. Questo colore era declinato nelle versioni Rosso Classico, Rosso Classico Superiore, Rosso Classico Superiore Riserva.

Da oggi il colore che va per la maggiore a Cirò è il GIALLO visto il mistero che avvolge le vicende del disciplinare di produzione del Cirò.

Decine di soci che hanno partecipato all'assemblea dei soci del Consorzio di Tutela del Cirò possono affermare che l'Assemblea si è sciolta senza alcuna votazione, la notizia è stata riportata anche da Luciano Pignataro e da questo blog.

Ma oggi, , gli stessi soci apprendono dalla stampa locale (il Crotonese a firma Patrizia Siciliani) che l'assemblea ha approvato le modifiche al disciplinare.

Quindi chiediamo l'intervento congiunto di Perry Mason, Ellery Queen e della Signora in Giallo per rispondere a queste domande:

È una notizia vera? Se è falsa perchè è stata data?

Cosa è stato scritto sul verbale di assemblea?

Chi ha votato? Cosa è stato votato?

Chi è la fonte della notizia visto che la giornalista non era presente?

Ma soprattutto da oggi di che colore è il Cirò DOC?

Forse noi Cani Randagi” non abbiamo capito la bontà del progetto, perché il fine ultimo del Consorzio era quello di ottenere un vino unico ed inimitabile: il CIRO' GIALLO DOC.


lunedì 29 giugno 2009

Cani Randagi

Per chi non è Calabrese forse è difficile intendere completamente il significato della definizione CANE RANDAGIO, o “cane sciolto”.

Semplificando, vengono definiti “cani randagi” degli individui che si muovono senza un fine preciso, arrecando danno alla collettività o al gruppo sociale a cui appartengono.

Ebbene, questa iniziativa, cioè la petizione “In difesa dell'identità del vino Cirò”, è stata definita "opera di CANI RANDAGI".

La prima reazione da Cirotani e Calabresi è stata di rabbia. Ma, da poeti quali siamo, abbiamo superato la superficie del significato comune e abbiamo inteso che non volevano offenderci, ma dare atto del nostro spirito libero.

Esiste, infatti, nel parlare comune calabrese un'altra definizione che si contrappone a “cane randagio” e cioè CANE DA PALAZZO. Sono questi degli individui che riportano la voce del palazzo a cui sono legati, incapaci di un pensiero autonomo, sempre alla catena.

Allora si, siamo CANI RANDAGI e non “cani da palazzo” , capaci di un pensiero libero fuori dagli schemi precostituiti imposti da una realtà provinciale, innocui se isolati, pericolosi se uniti.

Ed oggi siamo in tanti.

sabato 27 giugno 2009

Nessuna decisione all'assemblea del Consorzio

L'assemblea dei soci del Consorzio di tutela vini Cirò e Melissa DOC non ha deliberato in merito alla proposta di modifica del disciplinare del vino Cirò.

Ricordiamo che attualmente il disciplinare prevede l'utilizzo del Gaglioppo nella misura minima del 95% e del Greco Bianco o Trebbiano per il restante 5%.

Nella proposta di modifica avanzata dal Consorzio di Tutela del Cirò e Melissa si prevede la possibilità di utilizzare oltre al Gaglioppo tutte le varietà a bacca rossa autorizzate dalla Regione Calabria nella misura massima del 20%.

Tra queste varietà sono presenti vitigni internazionali quali Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon e Merlot, ma anche Aglianico, Barbera, Traminer, Sangiovese che nulla hanno a che vedere con la tradizione vitivinicola del Cirò.


La mancata approvazione della modifica non significa che il pericolo sia scampato, bisogna mantenere alta la guardia e continuare a sostenere la battaglia per non perdere una identità millenaria
.

Non siamo degli immobilisti ma riteniamo che in un'eventuale modifica del disciplinare del Cirò Rosso Doc vengano autorizzate oltre al Gaglioppo esclusivamente varietà autoctone calabresi.

Ringraziamo pubblicamente tutti coloro che sinora hanno firmato la petizione e ci hanno sostenuto in modi diversi, in particolare Luciano Pignataro (che si dimostra informatissimo tanto da precederci nel dare la notizia), Franco Ziliani e tutti i blog che hanno ripreso la notizia.

giovedì 25 giugno 2009

Assemblea del Consorzio di tutela del Cirò e Melissa

Domani 26 Giugno 2009 alle ore 11,00 presso la torre aragonese di Torre Melissa è convocata l'assemblea dei soci del Consorzio di tutela dei vini Cirò e Melissa.

All'ordine del giorno l'approvazione delle modifiche al disciplinare del Cirò DOC.

Attivo il forum difesadelciro.com

Siamo convinti che per progettare il futuro del vino Cirò e del territorio cirotano sia necessaria una sana ed approfondita discussione tra tutte le posizioni in campo.

Per questo abbiamo attivato un forum dove tutti possono lasciare un commento, l'indirizzo è:
Ma oltre al forum esistono già:
  • Questo blog dove si possono commentare le ultime news sulle vicende del vino Cirò

martedì 23 giugno 2009

Il comunicato della cantina Librandi

Riceviamo e pubblichiamo il comunicato dell'Azienda Librandi a firma del Prof. Nicodemo Librandi.

Ci permettiamo di riportare il passo che riguarda direttamente la petizione:
... "Ai firmatori della petizione va il nostro placito e l’augurio che la loro iniziativa abbia l’esito auspicato."...

Ci preme comunque precisare che la nostra petizione pone problematiche tecniche, culturali ed identitarie, fuori da ogni polemica "paesana".
Non siamo contro qualcuno, esprimiamo il nostro punto di vista che al momento risulta largamente condiviso.

Ringraziamo l'Azienda Librandi per l'attenzione verso i firmatari della petizione e per la chiara presa di posizione.
Auspichiamo che altre aziende vinicole dichiarino, fuori da ogni polemica, la loro posizione.

Di seguito il comunicato giunto a difesavinociro@gmail.com:

Avevamo deciso di tenerci fuori da ogni problematica paesana dopo tante delusioni subite da parte del territorio.

In questo caso dobbiamo fare un’eccezione perché il nostro silenzio potrebbe essere interpretato come un assenso alla cervellotica iniziativa del consorzio del Cirò e Melissa doc di modificare il disciplinare di produzione.

Il nostro pensiero in merito è ben evidenziato nel volume “Il Gaglioppo e i suoi fratelli”, presentato lo scorso maggio alla stampa nazionale ed estera, con il patrocinio dell’ OIV ( Organisation internationale du vin), dove sono pubblicati i risultati della ricerca sui vitigni autoctoni calabresi eseguiti da scienziati del settore come: il professore Mario Fregoni, ordinario di viticoltura dell’università cattolica di Piacenza, il professore Donato Lanati, titolare del laboratorio Enosis e professore di enologia all’università di Torino, il professore Franco Mannini e dottoressa Anna Shneider del CNR di Torino e dalla dottoressa Stella Grando dell’Istituto San Michele all’Adige.

Il consorzio suddetto, da cui abbiamo preso le distanze, perché non ne condividiamo impostazioni, idee, strategie, scelte commerciali, di marketing e di immagine, programmi e regolamenti statutari, ha proposto la modifica del disciplinare dopo attenta ricerca e studi approfonditi condotta da chi?dove sono pubblicati i risultati?

Ai firmatori della petizione va il nostro placito e l’augurio che la loro iniziativa abbia l’esito auspicato.

Vogliamo sottolineare che il nostro tenerci fuori non è assolutamente dovuto ad un atteggiamento snobistico nei confronti delle altre realtà produttive, tanto meno d’un territorio nel quale operiamo e al quale pensiamo con il nostro operato, con la nostra continua ricerca e sperimentazione di aver dato impulsi forti, testimoniando la capacità dei vini calabresi di recitare da protagonisti sui più difficili mercati nazionali ed esteri.

Siamo altresì persuasi di avere offerto con il nostro lavoro, con la credibilità che l’azienda ha ottenuto, con le vie nuove che abbiamo tracciato, con le scelte, talvolta difficili, chiara indicazione a tutto il comparto vitivinicolo locale per crescere ed imboccare un percorso di sviluppo e riqualificazione, non più basato su antiche e improponibili logiche di sostegno assistenziale, in grado di soddisfare e mantenere legati alla viticoltura e al proprio territorio i viticoltori di cirò e dintorni.

Se in futuro, come ci auguriamo sinceramente, si porranno in essere condizioni diverse, l’azienda Librandi sarà ben lieta di dialogare con tutti gli interlocutori ed offrire il proprio contributo d’esperienza e di idee.

Nicodemo Librandi

L'adesione dell'Associazione "I VIGNIAIOLI DEL CIRO'"

Giunge anche l'adesione di Francesco Porti che in qualità di presidente dell'Associazione "I VIGNIAIOLI DEL CIRO'" lascia la sua firma su www.firmiamo.it/indifesadellidentitavinociro
e ci invia una breve nota su difesavinociro@gmail.com che di seguito pubblichiamo.


L’ iniziativa del Consorzio di tutela del Cirò e Melissa DOC di modificare il
disciplinare di produzione del Cirò vanifica il lavoro svolto dalla nostra Associazione tendente a dare dignità alla nostra categoria, al nostro impegno quotidiano, al nostro duro lavoro, a produrre qualità e a fare reddito con il nostro prodotto, seguendo, come già stiamo facendo da alcuni anni un rigido protocollo di coltivazione che ci consenta di migliorare la qualità del nostro Gaglioppo. "Impariamo a coltivare bene le nostre uve non a tagliare il vino.”

Francesco Porti
Presidente Associazione
"I VIGNIAIOLI DEL CIRO'"

lunedì 22 giugno 2009

Firma anche il Prof. Fregoni

Anche il Professor Mario Fregoni, ordinario di Viticoltura dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, Gran Premio dell'OIV 2008, firma l'appello In difesa dell'identità del vino Cirò.

Lo ringraziamo pubblicamente per il sostegno.

qui una breve biografia del Prof. Fregoni e di seguito il testo inviato al nostro indirizzo mail difesavinociro@gmail.com

Condivido, aderisco e firmo il documento in difesa del Cirò.

Cordialmente.

Mario Fregoni

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Direttore Istituto di Frutti-Viticoltura
Università Cattolica del Sacro Cuore
Via E. Parmense, 84
29100 - PIACENZA - Italia

sabato 20 giugno 2009

La cooperativa dei viticoltori aderisce alla petizione

I viticoltori della cooperativa C.A.VI.C. (oltre 150 soci) si dichiarano contrari alle modifiche di disciplinare proposte e ieri è arrivata l'adesione, con timbro e firma in calce da parte del presidente, alla nostra petizione.
Inoltre sono state raccolte a titolo personale le firme di:

Murano Francesco
De Franco Cataldo
Strangia Cataldo
Boccuto Antonio
Iuzzolini Salvatore
Aloe Luigi
Miceli Giuseppe
Aloisio Giuseppe
Caruso Nicodemo
Macrì Vincenzo
Sasso Cataldo
Stancato Raffaele
Caruso Antonio

venerdì 19 giugno 2009

Il Sindaco di Cirò sostiene la raccolta firme

Di seguito il testo lasciato dal Sindaco di Cirò Avv. Mario Caruso su www.firmiamo.it/indifesadellidentitavinociro

Per il ruolo istituzionale che svolgo, quale sindaco di Cirò, aprezzo l'iniziativa e, confido nella possibilità di aggregare altre istituzioni a tutela del vino Cirò da ogni tenativo di delegittimazione.

il Sindaco di Cirò avv. Mario Caruso

In difesa dell'identità del vino Cirò

A seguito delle modifiche proposte al disciplinare di produzione del Cirò DOC è iniziata una raccolta di firme IN DIFESA DELL'IDENTITA' DEL VINO CIRO'.

L'appello espone le ragioni di chi non vuole essere omologato, ispirandosi al documento pubblicato da PORTHOS in difesa dell'identità del vino italiano.

Per condividere le nostre ragioni si può aderire all'indirizzo web http://firmiamo.it/indifesadellidentitavinociro



In difesa dell'identità del vino Cirò.

Da mesi si discute sull'opportunità di modificare il disciplinare di produzione del Cirò DOC. Attualmente il disciplinare prevede l'utilizzo del Gaglioppo nella misura minima del 95% e del Greco Bianco o Trebbiano per il restante 5%.

Nella proposta di modifica avanzata dal Consorzio di Tutela del Cirò e Melissa si prevede la possibilità di utilizzare oltre al Gaglioppo tutte le varietà a bacca rossa autorizzate dalla Regione Calabria nella misura massima del 20%. Tra queste varietà sono presenti vitigni internazionali quali Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon e Merlot che nulla hanno a che vedere con la tradizione vitivinicola del Cirò.

Bisogna chiarire subito che la denominazione di origine (DOC) è un bene collettivo. Un bene pubblico e proprio per questo normato da apposite leggi dello Stato. La DOC infatti rappresenta il vino di un territorio delimitato ed esprime le caratteristiche di tipicità di quel determinato “terroir”.

Queste caratteristiche includono, oltre alle condizioni pedoclimatiche, la storia, la tradizione e la cultura vitivinicola di un territorio, definendo l'identità del vino prodotto in quel territorio, in questo caso del Cirò, come prodotto unico ed irripetibile.

L'utilizzo di varietà internazionali (in quantità rilevanti come proposto nella modifica) porta ad uno svilimento dell'identità territoriale e all'omologazione del prodotto.

Perché allora un consumatore del nord Italia o estero dovrebbe ricercare il Cirò se le sue caratteristiche sono simili a mille altri vini? Perchè dobbiamo decirotizzare il Cirò? Perchè dobbiamo parificare la DOC Cirò alle IGT presenti sul territorio? Perché centinaia di produttori devono rinunciare alla loro identità di Cirotani?

Oltretutto per rispondere ad una presunta esigenza di mercato e di gusto globalizzato, le aziende vitivinicole dispongono già delle denominazioni IGT, che prevedono ampiamente l'uso di varietà internazionali.

La globalizzazione può rappresentare un'opportunità se permette la conoscenza e il confronto di prodotti e culture differenti, è deleteria invece se propone l'appiattimento dei valori e la perdita di identità.

Si può e si deve ri-guardare il territorio: averne riguardo e tornare a guardarlo; riallacciare con il presente saperi sapori e risorse del passato, senza nostalgie, permettendo una continuità con il futuro.

Ri-guardando nei vigneti del cirotano si riscontra che il Gaglioppo è sempre stato predominante, tanto che in altre zone della Calabria veniva denominato anche come “Cirotana”. In un passato non tanto lontano poi, erano presenti in piccole quantità altri vitigni (Greco nero, Malvasia nera, 'Mparinata, Pedilongo, ecc.) che davano al vino maggiore complessità organolettica e miglioravano la tonalità del colore.

Recenti ricerche scientifiche hanno evidenziato le potenzialità enologiche del vastissimo patrimonio ampelografico calabrese, a dimostrazione che il ricorso alle varietà internazionali non è una scelta obbligata.

La forza del vino italiano, quindi anche del Cirò, risiede nella complessità e nella varietà del patrimonio ampelografico autoctono che rappresenta una risorsa da valorizzare piuttosto che da sacrificare.

Chiediamo pertanto che in un'eventuale modifica del disciplinare del Cirò Rosso Doc vengano autorizzate oltre al Gaglioppo esclusivamente varietà autoctone calabresi in quantità massima del 5%.

Primi firmatari:
Marino Giuseppe
Rotondo Enzo
Giuseppe Balestrieri
Giovanni Napolitano
Benevento Vincenzo
Leto Giuseppe
Murano Francesco
Anania Francesco
Valente Enzo
Marino Teresa
Lamberti Paolo
Liotti Giuseppe
Bruno Cataldo
Capoano Gianluca
Ferro Albino
Cavallaro Luigi
Calabretta Nicodemo
Pinacchio Cataldo
Mauro Raffaele
Mazziotti Gaetano
Nigro Alessandro

seguono firme su www.firmiamo.it