Siamo giunti al momento dei bilanci. Il 31 Luglio scade il termine di presentazione per le modifiche ai disciplinari dei vini DOC e a tutt'oggi non è dato sapere se è stata presentata o è in via di presentazione la modifica di disciplinare del Cirò DOC.
Innanzitutto ringraziamo tutti i firmatari della petizione, le istituzioni che hanno condiviso e portato avanti la nostra battaglia, il popolo di internet che su Facebook, blog e altri canali hanno diffuso la petizione, i blogger che attraverso i loro post ci hanno sostenuto e hanno confermato che la nostra iniziativa ha delle fondate ragioni e non una sterile polemica provinciale e personale.
Fin dalla lettera iniziale (che invitiamo a ri-leggere) allegata alla petizione, non ci siamo detti contrari ad una modifica ma abbiamo escluso l'utilizzo di varietà non Calabresi, ponendo tre questioni fondamentali: culturali, tecniche e di democrazia e trasparenza.
Questa impostazione è stata condivisa da moltissimi amici ed estimatori del Cirò (un migliaio di adesioni sotto varie forme), che rispecchia il largo rifiuto sul territorio cirotano a modificare il disciplinare nelle forme proposte dal Consorzio di Tutela del Cirò.
Tra i viticoltori la contrarietà è quasi unanime, infatti:
La principale cooperativa di viticoltori (CA.VI.C) è contraria.
L'associazione “Vignaioli del Cirò”, presieduta da Francesco Porti, è contraria.
L'associazione di viticoltori “Domenico Ferraro”, presieduta da Franco Librandi, è contraria.
Tra le Cantine:
L'Azienda Librandi (che non fa parte del Consorzio) rappresenta quasi il 50% del DOC Cirò ed è contraria.
Aziende come le Cantine Riunite del Cirò e Melissa, Tenuta del Conte, Facente e altre piccole realtà come Colli Capoano, Vigna De Franco, Crapisto sono contrarie.
Inoltre siamo a conoscenza di altre aziende che, pur essendo contrarie, hanno evitato di esporsi.
I Sindaci dei 4 comuni (Cirò, Cirò Marina, Melissa e Crucoli) hanno dichiarato la loro contrarietà.
Lo stesso Consorzio di Tutela nel comunicato stampa del 2 Luglio '09 a proposito delle varietà internazionali afferma:
“[...] vitigni, Merlot e Cabernet, poco diffusi nel territorio, poco amati dai contadini, e francamente poco probabili in una scelta di uvaggio in un momento in cui tutti tendiamo a scegliere vuoi per qualità e unicità, vuoi per moda, i vitigni autoctoni”
Quindi dopo queste considerazioni ci chiediamo: come mai tanta ostinazione nel continuare a considerare le varietà non calabresi? Come mai il Consorzio, coerentemente con quanto scrive, non aggiunge nella proposta di modifica una semplice frase: “ad esclusione di...(indicando le varietà escluse)”?
Noi una risposta ce la siamo data e non è una pura fantasia, ma ormai di dominio pubblico tanto da essere pubblicata (e mai smentita) da “il Crotonese” del 22 Maggio a pag. 23 dove si afferma:
“[...] il fine ultimo è quello di legalizzare la frequente vinificazione di uve prodotte da vitigni diversi dal Gaglioppo e Greco bianco, dando concreta attuazione ai principi di legalità, trasparenza e tracciabilità”
Concetto ribadito sempre su “il Crotonese” del 30 Giugno. Siamo di fronte, in definitiva, ad una sanatoria di evidenti condizioni di illegalità.
Allora la domanda è: cosa hanno fatto sinora gli organi preposti al controllo? Hanno controllato? Con quali risultati? (ricordiamo che il Consorzio di Tutela del Cirò è autorizzato al controllo “erga omnes” cioè verso tutti, associati e non associati).
Pertanto facciamo appello al Consorzio di Tutela perché fermi tutte le procedure in corso per le modifiche al disciplinare e apra un dialogo con tutti i soggetti coinvolti, per arrivare ad una soluzione condivisa.
Nello stesso tempo invitiamo il Consorzio a farsi carico dei suoi compiti istituzionali di tutela del vino Cirò DOC e del rispetto della legalità e, se esistono situazioni anomale, attivare attraverso gli organi preposti le procedure per il declassamento dei vigneti o per imporre un reinnesto sui vigneti illegali.
Non vorremmo che per il Cirò si possa ripetere un caso Brunello, dove per riportare la legalità è intervenuta la magistratura. Non vorremmo questo perché sarebbe un grave danno all'immagine di tutto il Cirò e all'economia di tutto il territorio che si ritroverebbe a pagare la furbizia di pochi. Se dovesse succedere questo, è giusto, allora, che ognuno si assuma le proprie responsabilità.
Oltre agli aspetti legati alle modifiche del disciplinare del Cirò, volevamo evidenziare la mancanza di trasparenza che ha caratterizzato il contesto in cui si è svolta tutta questa vicenda. Anche questa non è una nostra opinione, ma la triste constatazione dei fatti accaduti.
Infatti a tutt'oggi non esiste una proposta di modifica del disciplinare consultabile presso la sede del Consorzio, ci basiamo (associati e non) su comunicati stampa, su copie distribuite e poi modificate, sui “si dice”, “sembra che..”.
Emblematica è la vicenda che ha riguardato la ricerca scientifica che dovrebbe supportare le modifiche: nessuno ha mai avuto modo di leggerla; in una lettera al Sindaco di Cirò Marina e su “il Crotonese” del 22 Maggio si afferma che al Consorzio sono pervenuti gli “ottimi consigli da illustri docenti universitari quali Fregoni, Calò, Bernabei, Scienza, Savino[...]”. Peccato che il Prof. Fregoni e il Prof. Scienza smentiscano ufficialmente e diffidino il Consorzio nell'utilizzo del loro nome per scelte non condivise. Bella figura per il popolo cirotano!
Stesse dinamiche per quanto riguarda l'approvazione delle modifiche: sulla stampa si scrive che è stato approvato in sede di Assemblea dei soci del Consorzio, ma ci sono decine di testimoni che possono affermare in tutte le sedi che l'Assemblea del 26 Giugno 2009 si è sciolta senza alcuna votazione. Quindi: chi ha votato? cosa è stato votato? quando? in che sede? Attendiamo risposte.
In quella sede, inoltre, non si è giunti ad una votazione sulle modifiche al disciplinare, perché oltre al dissenso sulle varietà da utilizzare (art. 2), alcune aziende erano contrarie all'imbottigliamento obbligatorio in zona (art. 5); Ora dalle ultime voci sembra che si sia barattato l'art. 5 (l'imbottigliamento fuori zona) con l'approvazione delle altre modifiche.
Una operazione, se è vera, di bassissimo livello che smentisce quanto affermato dal Consorzio nel comunicato stampa a proposito dell'art. 5:
“[...] limitare l'imbottigliamento alle zone di produzione non significa porre dei limiti al libero mercato bensì evitare speculazioni commerciali sul nome del Cirò, nonché garantire al consumatore finale una più probabile autenticità del vinoi in bottiglia”
Queste vicende ci danno la misura di una classe imprenditoriale che singolarmente è capace di buoni risultati, ma nel suo complesso non riesce a progettare strategicamente il futuro del prodotto Cirò.
Così, di fronte alla scelta tra produrre un prodotto di nicchia qual'è il Cirò (circa 40.000 hL, quantità che potrebbe essere stivata in una sola cantina del Veneto, del Piemonte, della Sicilia o della Toscana) o un prodotto industriale, si sceglie la seconda perché bisogna assecondare il mercato.
Per semplificare: tra il modello Brunello e il modello Tavernello scegliamo il Tavernello perché è il vino più venduto!